31 maggio 2001

Zona del Campidoglio - Roma

Partecipanti: Marco Nardelli, Marco Placidi, Adriano Morabito, Andrea D'Alfonsi, ?



Appuntamento alle 9 in via delle Tre Pile 1.

Io arrivo abbastanza presto e attendo gli altri davanti all’ingresso della direzione dei Musei Capitolini. Dopo un po’ ci raggiunge la d.ssa Albertini , archeologa, con il suo collaboratore dr. ?., che ci porta all’interno della struttura chiusa al pubblico dove stanno procedendo gli scavi per il recupero dei basamenti dell’antico tempio di Giove capitolino. Lei è la responsabile dei lavori di scavo e ci ha contattati per procedere all’esplorazione di alcuni pozzi e cunicoli incontrati durante le operazioni.

Prima di cominciare la dottoressa ci conduce all’interno dell’area di scavo dove ci mostra gli enormi blocchi di tufo che costituivano le mura esterne e i tramezzi dell’antico tempio (fu probabilmente il più grande monumento dell’antica Roma e risale all’epoca degli ultimi re etruschi Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo, circa VI secolo a.C.). Avrebbe misurato circa 60m x 48m e le dimensioni ciclopiche sono testimoniate anche dallo spessore delle mura divisorie, larghe circa 7m ed alte almeno 15m.

Il piano di camminamento era circa 7m al di sopra dell’attuale pavimento ed il tempio vero e proprio si estendeva in altezza per altri 15m almeno. Pare che fu distrutto durante il primo sacco di Roma e le sue pietre utilizzate per la costruzione di numerosi edifici in tutta la città.

Tutta l’area su cui poggia l’attuale Campidoglio era in passato occupata dal tempio e ciò fa supporre che sotto ci siano parecchie aree da esplorare. Esaminiamo le carte in possesso dell’archeologa dove sono evidenziati i sotterranei e cerchiamo di individuare eventuali aree ancora da esplorare. Poi ci conduce nell’area di scavo adiacente all’entrata della direzione dei Musei dove è stato rimosso un grosso strato di argilla e sono venuti alla luce resti di un edificio (con annessi scheletri umani risalenti all’epoca imperiale) e parti delle mura perimetrali del tempio di Giove.

Un pozzo circolare sigillato è il nostro primo obiettivo di esplorazione. Un’operaio apre i lucchetti con il frullino ed il pozzo (diametro di 80cm) vede la luce dopo chissà quanti anni. Una prima ispezione visiva denota una struttura rivestita in tufo che scende fino alla profondità di circa 6m. Uno dei ragazzi del gruppo CAI (non ricordo il nome) – oltre a lui, Marco Placidi, Andrea, Massimiliano, e altri 2 – si prepara e, effettuato l’armo su un tondino di ferro rimediato nel cantiere, si cala nell’oscurità.

Scatto alcune foto all’apertura del pozzo (un grosso scorpione fa capolino in una fessura della prima parte della cavità) e, in seguito, passo la fotocamera a Marco che lo segue nella discesa per effettuare foto sul fondo, mentre faccio sicura all’armo. Il pozzo sembra continuare (uno spiffero d’aria è rivelatore) ma ora è ostruito da parecchio materiale di riempimento: facciamo alcune misurazioni e passiamo a prepararci per la seconda parte di esplorazioni.

Lasciamo le nostre cose nell’area di scavo che chiudiamo a chiave e, bardati come salami (fa un caldo micidiale), attraversiamo la piazza del Campidoglio fino a giungere ad un secondo tombino situato nell’area sopraelevata sopra alla Ara Coeli.

Scoperchiamo il pozzo che ha sezione quadrata e armiamo la discesa allo stesso modo di prima, utilizzando il tondino di ferro. Scendo per secondo subito dopo Andrea e giungiamo dopo una discesa di circa 9m. in un ampia sala dove moltissimo materiale di riempimento giace abbandonato: cocci di vasellame, ossa di animali e forse umane, attrezzi abbandonati appartenuti a qualche esploratore in anni più recenti. Due cunicoli, di cui uno percorribile solo per alcuni metri, si estendono alla base del pozzo.

Scatto alcune foto e, attendo la discesa di Marco e Massimiliano. Poi procedo nell’altro cunicolo che si insinua per parecchi metri sotto: si giunge ad un comodo camminamento intonacato che sembra una condotta di scarico dell’acqua (in alcuni punti il pavimento è addirittura piastrellato). In una nicchia sulla parete destra scopriamo un sigillo che sembra appartenere alla dinastia di Domiziano e cerco di fare delle fotografie per portare testimonianza alla d.ssa archeologa che attende trepidante in superficie.

Il cunicolo prosegue per un’altra ventina di metri per poi terminare a causa di un allagamento. Tento di proseguire per un po’ nell’acqua, ma sarebbe necessario bagnarsi completamente per infilarsi in uno stretto buco da cui sembra provenire l’acqua. Torniamo indietro dopo aver documentato con foto e misurazioni ed aver prelevato alcuni reperti, e risaliamo il pozzo.

I due archeologi si mostrano soddisfatti del lavoro fatto e addirittura estasiati per i pezzi di ceramica riportati alla luce (un frammento molto interessante riproduce un frate che conduce una croce colorata).

Facciamo alcune foto ai reperti e poi una di gruppo sotto la statua di Marco Aurelio e ci salutiamo.

14 aprile 2001

I colombari di Orvieto - Orvieto (TR)

Partecipanti: Marco Nardelli, Ambra Nardelli, Claudio Nardelli, Caterina Ghiani, Ofelia Ghiani, Silvano Lo Russo


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Dopo aver visitato il magnifico Duomo decidiamo di entrare nei cunicoli tufacei della Orvieto sotterranea. Nel frattempo ha iniziato a nevicare ed entriamo all'ufficio del turismo per acquistare i biglietti d'ingresso con visita guidata.

La prima parte del giro (molto preparata la ragazza che ci fa da guida) comprende le cave di pozzolana sotto la scarpata del masso tufaceo su cui poggia Orvieto (scopriamo che l’origine dello sperone di tufo è vulcanica e che risale a parecchi milioni di anni fa). Furono prima utilizzate dagli etruschi che installarono nel sito originario di Orvieto (chiamata Vezna) una fiorente città.

Le cavità mantengono una temperatura costante di 14 gradi e sono state sfruttate sin dall’VIII secolo a.C. come cantine per conservare l’olio (ci vengono mostrate le macine per la spremitura delle olive, in uso fino al XIII secolo d.C.). E’ visibile nel primo tratto un ambiente adibito a mulino (le macine venivano fatte girare da animali da fatica).

Distribuiti con una densità notevole nelle cave sono i pozzi per il prelievo dell’acqua dalle falde sottostanti il masso tufaceo. Ci spiegano che sotto le decine di metri dello spessore del tufo c’è uno strato argilloso impermeabile sul quale poggia la falda acquifera e che gli etruschi cominciarono a sfruttare sin dai primi periodi. Le profondità dei pozzi giungono fino a 60m. La frequente distribuzione dei pozzi sotto le cave testimoniano il notevole grado di civiltà raggiunto dal popolo etrusco che, si suppone, portò ad avere l’acqua corrente in quasi tutte le case.

La cava di pozzolana fu sfruttata anche in tempi più recenti per la costruzione di edifici nella città soprastante. In alcuni punti lo sfruttamento è stato eccessivo ed è stato necessario puntellare con colonne di rinforzo la cava per evitare cedimenti della volta. La seconda parte del giro conduce in altri ambienti ai quali si accede attraverso ripide e strette scalinate scavate nel tufo.

Gli abitanti della città divenuta in seguito Orvieto (da Urbs Vetus, città vecchia), con il ripopolamento avvenuto nel XIII secolo dopo alcuni secoli di totale abbandono del sito (i Romani saccheggiarono la Urbs etrusca dopo quasi 2 anni di assedio e la incendiarono e distrussero completamente; i nobili etruschi sopravvissuti furono trasferiti a Bolsena dove fondarono la Nuova Volsinii), sfruttarono queste antiche cavità per i fini più disparati. L’utilizzo più frequente era come rifugio per l’allevamento dei colombi (colombari) per il commercio e l’alimentazione personale.

16 marzo 2001

Sotterranei del Forlanini - Roma

Partecipanti: Marco Nardelli, Marco Placidi, Andrea D'Alfonsi, Giulia Pietroletti, Adriano Morabito

10 febbraio 2001

Forte Antenne a Villa Ada - Roma

Partecipanti: Marco Nardelli, Marco Placidi, Carlo Marella, Andrea D'Alfonsi, Giulia Pietroletti, Michele Concas, Claudio, Marco ?


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Appuntamento alle 9.15 davanti al forte a villa Ada. Io vado insieme a Carlo e lascio la macchina sotto casa sua, alla Magliana.

Aspettiamo l'arrivo di tutto il gruppo e mentre ci prepariamo (io provo la tuta e la sottotuta nuovi), arrivano i ragazzi che ci hanno segnalato il pozzo e i sotterranei (loro li battono da un po' di tempo e conoscono benissimo ogni anfratto).

Ci dividiamo in due gruppi: il primo (con le persone senza imbrago) formato da Marco Placidi, Marco, Claudio e gli altri due andranno direttamente ai cunicoli sotterranei delle cave, il secondo formato da me, Andrea (l'unico in grado di armare il pozzo), Carlo e Giulia, oltre ad ovviamente le guide, scenderà nel pozzo.

L'entrata è un piccolo varco dopo una discesa fangosa (è piovuto fino a ieri) che introduce nelle casematte, tutte intorno al Forte. Dentro è un susseguirsi di vecchi oggetti ammucchiati (cassettiere, scatoloni, vecchi schedari, mobilio) e in evidente stato di abbandono (l'ultimo insediamento al Forte risale ai primi anni del secolo).

Avanziamo in silenzio per non farci sentire dagli inquilini (già, sembra che qualcuno viva abusivamente all'interno di questa struttura fatiscente!), e giungiamo ad un cancello di ferro, chiuso con lucchetti pesanti. Alla base si apre un pozzetto quadrato profondo circa 5 metri, in fondo al quale si intravede un cunicolo.

Andrea arma la via e scende per primo. Giunto al fondo conferma l'effettiva presenza di un cunicolo orizzontale che si inoltra per parecchi metri. Scendiamo nell'ordine Carlo, io e Giulia e proseguiamo per un centinaio di metri (con molta fatica, dovendo procedere rannicchiati per tutto il percorso). Ci rendiamo presto conto che siamo all'interno delle condutture circolari del diametro di circa un metro che proseguono tutto intorno al perimetro del forte e che probabilmente costituivano impianti di smaltimento delle acque reflue della struttura (un debole odore di fogna testimonia la nostra deduzione).

Torniamo indietro e risalito il pozzo (facendo attenzione alle scalette metalliche in stato di avanzato arrugginimento) usciamo dall'edificio e cerchiamo di raggiungere l'altro gruppo. Dopo un tortuoso giro tra la vegetazione del vasto parco di Villa Ada, giungiamo davanti all'entrata di quello che sembra essere l'ingresso di una cava. L'interno è ampio ma il soffitto non più alto di 1,60m. e ci costringe a procedere in posizione curva.

Seguiamo un percorso segnalato da frecce e indicazioni in nerofumo sulle pareti (sul terreno, sparsi qua e la, aculei di istrice sicuri abitanti del luogo) e riusciamo ad individuare l'altro gruppo sulla via del ritorno. L'ambiente vasto e labirintico è sicuramente antico e la presenza di una vena di pozzolana testimonia l'effettivo utilizzo come cava. Scambiamo impressioni e riferimenti con tutto il gruppo e rientriamo alla base (il parcheggio davanti all'ingresso del forte).

27 gennaio 2001

Sotterranei di Villa Medici - Roma

Partecipanti: Marco Nardelli, Marco Placidi, Andrea D'Alfonsi, Giulia Pietroletti, Adriano Morabito, Marco, Elisabetta, ?


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Appuntamento alle 8.15 davanti a Villa Medici.

Entriamo dal grande portone della villa e Marco ci porta, attraversando il magnifico giardino, in un ambiente chiuso da cancelli che conduce ai sotterranei. Approfittiamo della saletta per cambiarci e prepararci con le attrezzature.

Iniziamo la discesa verso le 9. Marco ci illustra gli ambienti e ci conduce all'interno delle condotte che contenevano le acque di raccolta che alimentavano i giardini della villa luculliana. Giungiamo fino al punto di congiunzione dei tre rami a stella e lasciamo Elisabetta e Andrea a scavare il cunicolo che, segnalato da spifferi d'aria, dovrebbe condurre in direzione del Pincio.

Continuiamo l'esplorazione delle condotte e giungiamo, attraverso stretti passaggi culminanti in uno scivolo fangoso, alle cave di pozzolana sottostanti. L'ambiente è molto suggestivo e si estende in varie cavità dando luogo ad un labirinto sotterraneo. E' molto difficile orientarsi e ci aiuta il filo d'Arianna lasciato da speleologi americani per segnalare i percorsi.

Troviamo alcune testimonianze del periodo romano come un'architrave in marmo di un portone ed alcune ossa, probabilmente resti di antichi pasti. Giungiamo in un ambiente molto concrezionato formato dai depositi di carbonato e di stillicidio dovuto alla fontana centrale soprastante.

Il ritorno è semplice in quanto una via che parte dalle cave attraversa gli impianti di riscaldamento della villa e risale attraverso facili scale che conducono all'uscita. Andiamo a prendere una boccata d'aria nei giardini e decidiamo di rifare il giro per condurre negli ambienti Elisabetta e Andrea che erano restati a scavare e dargli il cambio (restano Giulia e Marco).

Ripercorsi gli stessi ambienti (riusciamo comunque a perdere l'orientamento molte altre volte, soprattutto nelle cave) ritroviamo la strada per uscire. Ci cambiamo e usciamo dalla villa.